Titolo del corso:
Comunicazione e istituzioni totali:
per una società dell’insicurezza
Il corso propone una ricognizione critica sul ruolo dei media mainstream nel contesto più ampio della sociologia dei processi culturali, sulla scorta delle principali teorie mediologiche del Novecento e delle più recenti prospettive di ricerca nel campo della communication research: in primo piano, le derive individualistiche della post-modernità e la costruzione dei simulacri simbolici della società di massa e della vita comunitaria. Sullo sfondo si stagliano gli effetti della globalizzazione, caratterizzata dalla fine delle grandi narrazioni. In tal senso, il corso si propone di approfondire il rapporto tra rappresentazione, narrazione e insicurezza, secondo la prospettiva dell’interazionismo simbolico sviluppata da Erving Goffman a partire dagli anni Cinquanta, con particolare riferimento alle istituzioni totali e alle strategie di reificazione del comportamento sociale.
Nella prima parte il corso si incentra sull’apporto fornito da alcuni autori classici allo sviluppo della sociologia dei media, con particolare riguardo alla capacità del mainstream di indebolire o potenziare la percezione della sicurezza, senza trascurare le teorie mediologiche più recenti. Il suo studio si inserisce nella cornice epistemologica più ampia dell’agire comunicativo, teso ad esplorare le modalità interazionali della realtà quotidiana proposte dai media, nell’ottica della costruzione di una cultura dell’intesa su cui dovrebbero basarsi le strategie comunicative della società complessa. Sullo sfondo si staglia il processo di individualizzazione caratterizzante la modernità digitale, che ha generato la progressiva perdita di attrattiva degli universi simbolici tradizionali, anche sulla scorta della sovrapposizione tra realtà nazionali e istituzioni comunitarie, con tutto quel che ne consegue sul piano della gestione della sicurezza/insicurezza pubblica.
La seconda parte del corso si focalizza sullo studio delle istituzioni totali svolto da Erving Goffman in riferimento ai processi di reificazione e oppressione dell’individuo che, mutatis mutandis, caratterizzano ancora oggi determinati contesti sociali. L’incipit dell’opera è di per sé esplicativo: “Un’istituzione totale può essere definita come il luogo di resistenza e di lavoro di gruppi di persone che - tagliate fuori dalla società per un considerevole periodo di tempo - si trovano a dividere una situazione comune, trascorrendo parte della loro vita in un regime chiuso e formalmente amministrato. Prenderemo come esempio esplicativo le prigioni nella misura in cui il loro carattere più tipico è riscontrabile anche in istituzioni i cui membri non hanno violato alcuna legge. Questo libro tratta il problema delle istituzioni sociali in generale, e degli ospedali psichiatrici in particolare, con lo scopo precipuo di mettere a fuoco il mondo dell'internato”. Goffman descrive "ciò che realmente succede" in un'istituzione totale, al di là delle retoriche scientifiche, terapeutiche o morali con cui chi detiene il potere nell'istituzione giustifica le prevaricazioni degli esseri umani. Goffman svolge in Asylums una sorta di esercizio morale: rovesciare la pretesa che le istituzioni dettino la loro logica alle scienze sociali, far "parlare" attraverso la rievocazione sociologica di semplici gesti la dimensione tipicamente umana della resistenza all'oppressione, come è possibile registrare oggi a proposito di fenomeni repressivi più subdoli e codificati, a metà tra censura e isolamento.
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